NEUROLOGIA: CHE COSA SONO LE VERTIGINI E COME È MEGLIO CURARLE?
/Quando si dice “soffrire di vertigini” spesso ci si riferisce alla difficoltà si sostare ad altezze non necessariamente importanti, in alcuni casi, per alcuni è impossibile addirittura trovarsi in cima ad una scala. Ma non è solo questo.
Questa sensazione illusoria può essere appena percettibile ma talvolta è così grave da comportare difficoltà nel mantenimento dell’equilibrio, compromettendo in modo rilevante il regolare svolgimento delle attività quotidiane. Le vertigini, anche le forme “benigne”, hanno delle conseguenze importanti sullo stile di vita di chi ne soffre, al di la del malessere intenso percepito: pensiamo all’attività lavorativa che può comportare l’uso di macchinari oppure salire e scendere le scale; pensiamo alle difficoltà per sé e per gli altri nella guida dell’auto; pensiamo, nella persona più anziana, al rischio di cadute.
La vertigine non è una malattia ma un sintomo e le cause scatenanti possono essere diverse, per questo abbiamo voluto sentire il dottor Paolo Bovi, neurologo, che ci ha aiutato a fare un po’ di chiarezza.
“Quello delle “vertigini” è un tema apparentemente semplice ma in realtà piuttosto complesso. Si tratta di una condizione clinica molto frequente, in particolare dopo i 60-65 anni di età che, per essere affrontata adeguatamente, deve essere ben indagata. – ha subito chiarito il dottor Bovi – Si tratta di un sintomo che, essendo assai fastidioso, ha il significato di un “segnale di allarme” per il soggetto, necessario a far sì che egli acquisisca la consapevolezza di trovarsi in una situazione sfavorevole e potenzialmente pericolosa”.
Cosa significa “soffrire di vertigini”?
“Il termine “vertigine” definisce una illusoria sgradevole sensazione di movimento (rotazione o anche ribaltamento) del corpo o dello spazio circostante. Infatti si è soliti distinguere una vertigine “oggettiva” (senso di rotazione dell’ambiente) da una vertigine soggettiva (senso di rotazione del capo). In sintesi, qualsiasi percezione di movimento in assenza di reale movimento. E’ una premessa importante poiché la vertigine “vera” va distinta da molte altre condizioni, simili ma diverse, e che pertanto richiedono un approccio peculiare da parte del medico. Il problema è che si tratta di un termine involontariamente “abusato” da parte della gente, che ritiene il termine “vertigini” sinonimo di squilibrio, stordimento, difficoltà visiva, sensazione di venir meno, etc.
Le vertigini possono svilupparsi improvvisamente e talvolta in modo più subdolo; la durata può essere di pochi secondi oppure di giorni o mesi”.
Quali possono essere le cause?
“Occorre premettere che al mantenimento di un corretto equilibrio del nostro corpo nello spazio concorre una serie di strutture e sistemi, che vanno dalla periferia al centro del nostro corpo; sinterizzando al massimo, sono coinvolti:
-il sistema della sensibilità periferica (propriocezione, attraverso i recettori situati nei muscoli e nei tendini) che ci da il senso della nostra posizione nello spazio, a prescindere dalla vista);
-il sistema visivo, che ci consente di “vedere” la nostra posizione nello spazio;
-il sistema vestibolare periferico, situato nell’orecchio interno (labirinto);
-il cervelletto, che controlla la posizione del tronco e degli arti e l’armonia dei nostri movimenti;
-alcuni nuclei nervosi, situati sia nel cervelletto stesso che nel tronco cerebrale;
-il nostro cervello in toto, che ha (come sempre) il compito di integrare tutte le informazioni che arrivano dall’esterno e di farle arrivare alla nostra coscienza.
Pertanto, in generale, le vertigini sono dovute o ad un conflitto tra le informazioni provenienti dai recettori periferici oppure ad una erronea interpretazione centrale di esse, oppure a entrambe le condizioni”.
La vertigine, non è una malattia ma è un sintomo di diverse condizioni patologiche. Quali?
“Esistono fondamentalmente due tipi di vertigini, periferiche e centrali, Iin relazione alla causa scatenante. La vertigine periferica, più spesso di tipo “oggettivo”, è il tipo più comune ed è causata da un problema a livello dell’orecchio interno, che è l’organo dell’equilibrio.
Le cause più comuni, di pertinenza otorinolaringoiatrica, includono:
-cambiamenti nella posizione del capo (vertigine posizionale parossistica benigna)
-infezione in genere virale dell’orecchio interno (labirintite)
-infiammazione del nervo vestibolare (neuronite vestibolare)
-malattia di Ménière
-effetto collaterale di alcuni farmaci
La vertigine centrale, più spesso di tipo “soggettivo”, di pertinenza neurologica (anche se molto spesso i pazienti affetti da vertigine necessitano dell’integrazione delle due competenze) è determinata invece da problemi in una determinata zona del Sistema Nervoso centrale in particolare nel cervelletto o a livello del tronco cerebrale.
Le cause principali sono:
-problemi vascolari ischemici (attacco ischemico transitorio o TIA, ictus), spesso favoriti dalla cervico-artrosi e dalla ipotensione ortostatica
-cefalea (emicrania “vestibolare”; cefalea di tipo tensivo, che è spesso associata a contrattura muscolare cervico-nucale; cefalea cronica, in particolare in presenza di disturbi del sonno e di abuso di farmaci)
-effetto collaterale di alcuni farmaci
-tumori del Sistema Nervoso centrale e Periferico (tumori cerebellari, neurinoma del nervo acustico)
-sclerosi multipla
-traumi cranio-cervicali e malformazioni della “cerniera” cervico-craniale
Sebbene le vertigini periferiche possano essere “isolate”, esse in genere si accompagnano ad altri sintomi; quelle centrali invece quasi mai (ma è possibile!) sono isolate.
I sintomi di accompagnamento possono essere di tipo neurovegetativo (nausea, vomito e tachicardia), otologico (ipoacusia, acufeni) prevalentemente nelle vertigini periferiche; invece di tipo neurologico (tremori, paresi, diplopia, dismetria, cefalea ed altro) nelle vertigini centrali”.
Una diagnosi corretta è quindi fondamentale per capire l’origine. Cosa è necessario fare?
“E’ evidente che esistono condizioni iperacute che richiedono l’invio del paziente direttamente al Pronto soccorso ed altre (più frequenti) che prevedono invece un approccio ambulatoriale.
Come al solito il dato anamnestico, raccolto con pazienza e precisione, risulta fondamentale e talvolta da solo permette di arrivare ad una diagnosi corretta.
Questi sono i principali elementi da ricercare:
-quale è la sensazione precisa che il paziente vuole esprimere con il termine “vertigini”?
-quali sono gli eventuali sintomi associati?
-quale è stata la modalità di comparsa delle vertigini e il loro andamento nel tempo?
-si tratta del primo episodio o si sono manifestate anche in passato?
-esistono manovre che il paziente spontaneamente mette in atto per migliorare tale sensazione?
-la condizione vertiginosa quanto compromette le attività della vita quotidiana?
E’ chiaro poi che il paziente deve essere visitato in modo accurato dal MMG il quale, se lo riterrà opportuno, procederà ad una consulenza specialistica, magari già orientando il paziente verso l’otorinolaringoiatra o verso il neurologo; i quali, a loro volta, decideranno se e quali indagini diagnostiche strumentali eseguire”.
Come è possibile curare le vertigini?
“La cura delle vertigini dipende e discende ovviamente dalla determinazione della causa precisa delle vertigini e dalla gravità dei disturbi. In caso di vertigini “benigne”, durante un attacco è meglio sdraiarsi, nella posizione istintivamente migliore, in una stanza tranquilla e buia, per alleviare la nausea e ridurre la sensazione di rotazione; è importante impostare uno stile di vita che miri alla prevenzione delle situazioni che tendono a scatenare la sindrome vertiginosa (movimenti bruschi del capo, cambiamenti rapidi di postura). Si può ricorrere all’aiuto di farmaci (antiemetici, antistaminici, Ca-antagonisti, levo-sulpiride, cortisonici, etc) che tuttavia non sono in genere da soli risolutivi. In caso di vertigini dipendenti da una lesione a carico del SNC o del SNP, l’approccio terapeutico sarà volto, se possibile, alla risoluzione del singolo problema. In generale, nella mia personale esperienza, data la componente ansiosa che spessissimo si accompagna a tale condizione molto spesso “benigna” (il paziente pensa subito al peggio!), già. la rassicurazione (quando possibile) da parte del medico è un passo importante sulla via della guarigione del paziente”.