INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA SANITARIA: QUASI 9 MILIONI DI CASI IN EUROPA E 700 MILA IN ITALIA OGNI ANNO
/Le ICA ovvero le infezioni correlate all’assistenza sanitaria, rappresentano la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria, determinando un elevato impatto clinico ed economico. In Europa si calcolano 8.9 milioni di casi ogni anno che causano 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37mila decessi direttamente attribuibili e 110mila decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa, con costi stimati di 7 miliardi di Euro, in Italia, invece, ogni anno si verificano dai 450mila alle 700mila infezioni di cui il 10% esitano inidecessi.
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono infezioni acquisite in tutti gli ambiti assistenziali; considerate una volta infezioni ospedaliere e perciò contratte in ospedali per acuti, day-hospital/day-surgery e lungodegenze, oggi riguardano anche gli ambulatori, l’assistenza domiciliare, le strutture residenziali territoriali. Si definisce “infezione correlata all’assistenza” quella infezione che insorge in un paziente durante il processo assistenziale in un ospedale o in un’altra struttura sanitaria e che non era manifesta né in incubazione al momento del ricovero, o dopo le dimissioni del paziente. Possono insorgere 48 ore dopo il ricovero e fino a 30 giorni dalla dimissione, ma anche dopo un anno in caso di interventi di inserimento di dispositivi protesici. Si tratta della complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria, che causano un elevato impatto poiché provocano un prolungamento della durata della degenza, una disabilità a lungo termine e sono sempre più spesso sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici e perciò difficili da trattare, comportando infine un carico economico aggiuntivo per il sistema sanitario e per i pazienti e le loro famiglie. In Italia ogni anno i casi d’infezione si attestano tra i 450mila e i 700mila con una incidenza del 5-8% dei pazienti, che gravano sul Sistema Sanitario Nazionale per oltre 900 milioni di euro. Le infezioni più frequenti sono le infezioni delle vie urinarie e delle ferite chirurgiche, le infezioni dell’apparato respiratorio e le infezioni che colpiscono l’intero organismo, come le setticemie. Le infezioni della ferita chirurgica, superficiali e profonde, si collocano al primo posto in una graduatoria di eventi avversi ordinati per costo medio annuale: un’ infezione di protesi ortopedica può infatti essere gravata da un costo che varia da 40 mila ad 80mila euro.
Come si verificano queste infezioni? Cosa possono fare gli operatori per scongiurarne il pericolo? Lo abbiamo chiesto al medico Maurizio Solbiati, consulente infettivologo per la Clinica San Francesco.
“Le infezioni correlate all’assistenza sanitaria riguardano tutti gli attori coinvolti nelle attività di assistenza, dal paziente, all’operatore sanitario fino al visitatore, proprio perché tra i principali meccanismi di trasmissione ci sono:
- Contatto diretto tra una persona sana e una infetta, soprattutto tramite le mani;
- Contatto tramite le goccioline emesse nell’atto del tossire o starnutire da una persona infetta a una suscettibile di contagio;
- Contatto indiretto attraverso un veicolo contaminato (per esempio endoscopi o strumenti chirurgici);
- Trasmissione dell’infezione a più persone contemporaneamente attraverso un veicolo comune contaminato (cibo, sangue, liquidi di infusione, ecc.);
- Trasmissione attraverso microrganismi che sopravvivono nell’aria e vengono trasmessi a distanza.
Condizioni che aumentano la suscettibilità alle infezioni sono l’età ( i soggetti più a rischio sono i neonati e gli anziani), altre affezioni o gravi patologie concomitanti (come: il diabete, i tumori, l’anemia, le cardiopatie, l’insufficienza renale, i trapianti, l’immunodeficienza), la malnutrizione, i traumi, le ustioni, l’esposizione a particolari tecniche assistenziali invasive.
La prevenzione e il controllo delle ICA rappresentano degli interventi irrinunciabili per ridurre l’impatto di queste infezioni e più in generale per ridurre la diffusione dei microrganismi resistenti agli antibiotici. Punto cruciale per il contrasto alle ICA è la definizione e la applicazione di buone pratiche di assistenza e di altre misure basate sull’evidenza, secondo programmi che devono essere adottati in ogni ambito assistenziale.
Tra le misure fondamentali vanno ricordati:
- Lavaggio corretto delle mani (una della armi più importanti ed efficaci)
- Riduzione delle procedure diagnostiche e terapeutiche non necessarie
- Corretto uso degli antibiotici e dei disinfettanti
- Sterilizzazione dei presidi
- Rispetto della asepsi nelle procedure invasive
- Controllo del rischio di infezione ambientale
- Protezione dei pazienti con l’utilizzo appropriato della profilassi antibiotica in caso di interventi chirurgici
- Attività di sorveglianza delle infezioni
- Identificazione ed il controllo delle epidemie
- Vaccinazione degli operatori sanitari (alcuni esempi: per l’epatite e l’influenza).
La prevenzione in ambito assistenziale richiede comportamenti costantemente corretti da parte sia degli operatori sanitari che da chiunque frequenti questi ambienti: la mancata conoscenza delle regole o la disattenzione possono portare a comportamenti scorretti, potenziale causa di trasmissione dei germi patogeni e di conseguenti infezioni correlate all’assistenza.
Una corretta applicazione di protocolli e linee guida può portare ad una riduzione del 25-30 % della ICA (specie per quanto riguarda infezioni delle vie urinarie ed infezioni di ferita chirurgica) : ciò significa che 135mila – 210mila infezioni sono prevenibili con conseguente riduzione dei decessi pari a 1.350 – 2.100 casi l’anno”.